giovedì 19 maggio 2011

LA MUSICA IN ARGENTINA

LA MUSICA IN ARGENTINA

Il tango nel paese d’argento non è nè il punto di partenza, nè il punto d’arrivo, ma il fulcro di passaggio, potremmo certamente dire fondamentale, specie per la risonanza internazionale che questo ballo ebbe nel mondo, a partire, pensate un po’, dai primi del Novecento, più o meno negli anni ’20 in Europa, anche se ogni tanto ci sembra di (ri)scoprirlo per la prima volta. E col tango al centro, la più bella storia argentina parte dalle danze popolari e arriva al più grande artista di questo paese, che, come accade purtroppo solo raramente, è una donna: Mercedes Sosa.
Una storia che racchiude quasi tutta la musica più saliente dell’Argentina, ad eccezione di quella parte della classica del Novecento, che vede nella grnade figura inventiva di Maurice Kagel, il merito di ottenere un posto di rilievo nell’avanguardia internazionale, caso raro per un paese che non appartiene all’Europa o al Nord-America. Ma non dobbiamo scordarci che stiamo parlando di uno di quei due grandi paesi sudamericani che partecipano alla cultura occidentale, molte volte superandola, o almeno superandola nei settori più popolari e popular: sto parlando naturalmente del Brasile, in cui se la musica classica non ha avuto gli ottimi risultati argentini (a parte l’opera grazie a Villa-Lobos), le danze e le musiche popolari, diventate ormai popular, hanno conosciuto uno sviluppo maggiore, forse perchè meno adatte all’operazione che farà del tango il maestro Piazzolla nella musica classica. Ma la carne è tanta, e procediamo con ordine.
Come appunto avverrà per altri paesi sudamericani, la musica popolare argentina ha qualcosa di naturalmente superiore perché fusione di tre quinti del mondo: l’America (cioè i nativi), l’Europa (quindi i colonizzatori) e l’Africa (gli schiavi importati per lavorare). Quest’ultima componente è meno influente qui di come lo sarà per esempio in Brasile. La fusione comunque comporta questa peculiare caratteristica della musica: l’effetto biritmico tra melodia e accompagnamento, un continuo sfasamento fra gli schemi ritmici della voce (o melodia suonata) e accompagnamento. È quella caratteristica che ci fa riconoscere immediatamente un tango: quando ascoltiamo il classico La cumparsita, sul ritmo incalzante si strascica la melodia, in un gioco forse anche ovvio; ma ascoltiamo una delle evoluzioni massime del tango, ad esempio Libertango di Astor Piazzolla, e si capirà come al ritmo incalzante, scrosciante, quasi da temporale con percussioni e archi impazziti che si intrecciano in un accompagnamento che un jazzista definirebbe fusion, si contrappone la famosa melodia con note allungate.
È quindi una tradizione che parte da danze popolari, come la zamba (interessante a riguardo la popolare Mi tierra) proposta anche molto col cantato, oppure il bailecito. Numerose sono le musiche, anche se risulta difficile stabilirne dei confini netti per distinguerle. Tranne alcuni canti religiosi di origine prettamente europea come le saetas, tutte queste musiche presentano la peculiarità biritmica, come la chacarera, proposta dal fantasioso gruppo Los Carabajal. È infatti straordinaria all’ascolto la varietà d’inventiva pur negli stessi schemi e con i soliti strumenti, un’altra peculiarità questa del popolo sudamericano tutto, come sarà per esempio nella savia andina di Bolivia e Cile.
Passando per altri generi, come la famosa milonga, si arriva quindi al tango, che nasce alla fine dell’800, e si sviluppa in vari filoni. A parte quelli che tutti conosciamo, è da ascoltare il filone strumentale detto tango-milonga, quasi irriconoscibile per le nostra abitudini, e consiglio a proposito Boedo di Julio De Caro. Il tango è quindi veramente la musica rappresentativa di questo paese: per i motivi di incastro ritmico che abbiamo detto; ma anche perché si è tramutato in molte forme, come quella più sociale di Carlos Gardel (1887-1935); ed è entrato nella musica classica argentina, che come la maggior parte della musica classica dei paesi non “europeizzanti”, fonde il tessuto popolare autoctono con le forme europee, spezzando ancor di più quel limite labile tra musica colta-popolare-popular. Di questi compositori abbiamo già accennato a Piazzolla, che entra nelle storie della musica in tutti i generi. Ma mi piace citare Alberto Williams: ascolate per esempio tra le sue Cinque milonghe, la n. 4 Luciérnagas en la redecilla de mi china, e si sentirà in un solo pianoforte il profumo di chi è europeo e per questo compone, e il profumo di chi suona e per questo è sudamericano, e mischia vertiginose scale alla ricerca di se stesso nell’incastro di ritmi di milonga.
Alberto Ginastera ci permette di concludere la parabola classica, perché è un compositore che racchiude in sè, nella sua continua sperimentazione, Williams e Kagel, essendo passato dalla riproposizione del popolare (forse troppo etnomusicologica) all’avanguardia.
Più che parlare di qualche opera di Kagel, è bello riassumere per i profani i gesti avanguardistici più significativi di questo grande musicista: primo esecutore di musica concreta in Argentina; primo a impiegare a un testo verbale come puro materiale fonetico senza badare al significato, nel 1953-58 con Anagrama, nella cui esecuzione si richiedevano, oltre al canto, urli, schiocchi e fischi; insieme agli avanguardisti italiani, è il primo a trattare la musica seriale in modo scherzoso e non troppo serioso, specie nel teatro; nella sua opera Match due violoncellisti fanno a gara di acrobazie; prima di Tactil i musicisti compiono ridicoli esercizi ginnici di riscaldamento; in Der atem lo strumentista pulisce continuamente il suo strumento a fiato, borbotta delle frasi, e a volte suona qualche nota; in Sonant del 1961 inserisce nell’organico una chitarra elettrica. Questi racconti fanno capire che Kagel è forse più interessante negli aneddoti che nella musica in sè, o tutt’al più è interessante guardare; ma ci sono delle composizioni godibili, come le serie Ludwig Van; così in lui come in altri avanguardisti argentini come Gerardo Gandini nella sua Silbando.
C’è però una storia da concludere, molto più importante: dal fulcro del tango, si diceva, si sono sviluppati vari tipi di tango e una parte consistente della musica classica, ma soprattutto cantanti di popular music, con due temi fondamentali, l’amore e la lotta sociale, senza che un genere escluda l’altro per un artista. Se si ascolta Amor de mis amores di Soledad Pastorutti, si capisce come l’incastro ritmico sia in fondo un modo di fare delle canzoni interessanti. È difficile che però un cantante riesca a infilare più di una bella canzone di seguito sul tema dell’amore, e magari si finisce per perdere l’origine originale e finire nel canale del pop, come Luciano Pereyra. Meglio buttarsi sul sociale; ma anche qui si può rischiare la ripetitività, perdendo le solite origini, come forse accade a Evaristo Barrios.
Chi non perde nulla del passato, pur innovando continuamente, è Mercedes Sosa, sicuramente la stella argentina. La voce di questa cantante e interprete straordinaria esprime già da sola la passione di secoli di incontri musicali. E quando questa si fonda su ritmi e ritmiche particolari, come Chacarera del 55, si capisce di cosa sto parlando. La maturità raggiunta le permette di affrontare anche delle ninna-nanne come novità: Duerme negrito raccomanda al bimbo di dormire tranquillamente, perché la madre sta nel campo a lavorare duramente per la sua pace, e proprio nella grana della voce si comprende come la pace del bimbo sia l’unica vera paga per la madre. In Te recuerdo Amanda affronta ancora una volta il tema sociale, ma stavolata gli operai e l’amore tra un uomo e una donna; questa canzone sembra iniziare con un accompagnamento piano, europeo nella sua semplicità; ma quando il racconto arriva all’incontro tra Amanda e Manuel, e ai loro cinuqe minuti in cui la vita può essere eterna, ecco che la chitarra esplode nella gioia ritmica sudamericana; e pare proprio simbolismo quello di associare al lavoro di fabbrica il piano accompagnamento pop europeo, e alla gioia di cinque minuti eterni la fantasia ritmica sudamericana, come a dire che gli Europei hanno portato la fabbrica, ma la vita vera è solo argentina, anche se ridotta a pochi minuti di pausa, pochi minuti come quelli di una canzone. A questo traslato tra vita e canzone è dedicato uno dei suoi capolavori Se si calla el cantor: la portata rivoluzionaria del canto è affermata con la motivazione di una morte fisica e morale “se tace il cantante”, perché il silenzio diventa tacere davanti ai soprusi dell’umanità, che portano alla morte, e quindi la canzone vale più di un sindacato, perché sa parlare a tutto il mondo.