lunedì 31 gennaio 2011

ATTESA - UNA PAROLA UNA POESIA # 3

ATTESA

Mordace dea dell’essenza.
In te l’unico dolore;
in te l’unico piacere.
Cavallo dell’impazienza.
T’aspettavo più della mia anima.
Ascensore verso un piano che non arriva mai.
Belva che muove i passi troppo lenta.
Martellante dito che ticchetta sul ginocchio.
Delizia subliminale dell’agonia interminabile.
Che importanza ha che ore sono? io sto aspettando.

giovedì 27 gennaio 2011

MrM – Senza titulo Special#1

«No, no, sarebbe come dire che MrM è un pirla, e MrM pirla non è. Calcio ha regolamento, e giudice sportivo giudica in base a regolamento. Se Presidente dice “MrM va’ via” allora, e solo allora, MrM va via. Ma ciò non succede. Perché? Perché MrM è speciale, è unico ad aver vinto tutto dovunque è andato, e non ammetterlo da parte vostra è meretricio intellettuale. Voi spesso logiare… elogiate (omissis), oppure (omissis), ma quanti tituli porta a casa in sua carriera (omissis)? Forse dovreste lasciare perdere MrM e pensare di più a attacchi di sindrome coreica che sempre più spesso colpisce portieri avversari ma, però mai contro equipo di MrM.
È vero che MrM ha chiamato Javier per fare quella cosa, cose che in calcio succede da sempre, e da sempre regolamento interviene, ma io ha fatto solo perché mio equipo giunge in finale. MrM chiama Javier e gli dice “Javier, ven chi: spaccami il 21”, così noi perde un giocatore e loro tre. Giustissia sportiva vuole punire MrM? Bene, è giusto. Intanto equipo di MrM è in finale. Sapete voi quanto guadagna Presidente per finale di Champions? Chiedete a lui. Se MrM porta equipo in finale, MrM ha fatto bene per la società, e può chiedere ritocchino, come dite in Italia, al contrattino»

lunedì 24 gennaio 2011

ANCHE - UNA PAROLA UNA POESIA #2

ANCHE

A volte
la mia vita
scorre
sul lato esterno dell’Ilio,
e inoltre,
finora,
al lato della poppa,
di fianco.

E sebbene
ormai
il purè
sia meno,
ti butto a terra
se lanci il discobolo.

giovedì 20 gennaio 2011

Gira – Senza titulo Special#0

Giro giro tondo – io giro intorno al mondo – le stelle d’argento – costan cinquecen Burp!
Pardon… veramente, non è colpa mia. Tutto questo girare… Dice: fantastico, tu vedi il mondo, un momento sei qui, tra poco sei là. Ma mica lo sanno che, a sera, si torna tutti insieme nella gabbia, con gli altri. Sotto chiave. E poi lo stomaco… ho come una bolla d’aria, qui dentro. A forza di girare girare girare, doveva succedere. Beh – burp! – qualche problemino c’è.
Mi ricordo quando sono nato, in India. Bella l’India, me la ricordo bene. Quanto erano piccole le mani che mi fecero! E girare girare girare; qui sembra che a girare siamo sempre noi palle. In effetti è così. Gli umani, almeno, lo scelgono. Noi no e, costretti sul campo, giriamo.
E ci prendo pure le botte! Colpi forti, brutti pugni e calci, che mi scombussolano l’animo e mi provocano grandiosi mal di testa. Non l’ho chiesto, ma sono qui. Faccio il mio lavoro. Spero un bel giorno in una tripletta: è l’unico modo che ho per andarmene da qui.

lunedì 17 gennaio 2011

COMA - UNA PAROLA UNA POESIA #1

Si apre oggi una serie di poesie ispirate a una sola parola. Questo sarà l’appuntamento del lunedì. Ogni commento o critica è gradito. Ciao.

COMA

Mezza nottata
a ballare vicino
a un’estranea
sflashata
con il suo dito
luccicante
volto allo strobo
con l’eccitamento
dei suoi seni
abbracciato
al mio urlo
ho dimenticato
poesie piene di tedio

Non mi ha mai fatto
tanto
schifo la vita

domenica 2 gennaio 2011

Scrivo un racconto all'anno; augurandovi buon 2011, ecco quello del 2010

LUN 1 SET 8:00 A. M.

Ho sempre l’impressione di arrabbiarmi troppo tardi, o per un motivo meno importante. Lo stesso tonfo di tristezza che ho quando mi rado, quando ormai la barba è troppo lunga solo per il rasoio. Spengo anche la radio, tanto il frastuono di questo furgone non permette carezzevoli sottofondi. Con furia mi muovo se mi salta in mente di fare i lavori di casa, tanto che non riesco ad accorgermi di come non finiranno mai.
Ora basta piangere comunque: ho tante cose da fare, progetti a cui pensare e progetti da proseguire; una bella ora di strada da solo è quello che mi ci vuole per organizzare le idee. Che poi son sempre lì, a crescere pian piano, giorno per giorno, intuizione per intuizione. Mi manca lo sviluppo, il tempo probabilmente per svilupparle manca. Ma finirà, forse, questo periodo di lavoro intenso, e mi potrò rimettere a studiare... e già, a studiare! Non dico quattro ore al giorno, ma quel poco, quella mezz’ora ogni giorno. No, mezz’ora è poco. Vabbé, comunque una quantità giusta ogni giorno, senza strafare. Mi accorgo che i libri mi pesano sempre di più, e non li divoro con la foga adolescenziale che avevo fino a qualche tempo fa: pesa ogni parola come un macigno, ogni lettera stampata come una vogata in mezzo a un mare infinito. Guarda quel cretino che sorpassa a destra! Ma poi studiare che cosa? Avrei tante di quelle materie da affrontare e poi: sono ignorante, sono troppo ignorante, e anziché riparare, ogni giorno scordo qualcosa, ogni casello di questa dannata autostrada è il nome di uno scrittore che se ne va, ogni striscia tratteggiata che consuma le ruote è una nota di una canzone che riconoscevo a memoria. E quando imparare le vite di quegli artisti? Le dovrei mischiare tra di loro, intrecciare, avere un quadro della situazione culturale di quel periodo, e parlarne con la dimistichezza di un esperto a un convegno, di un professore universitario che non ha timore delle domande dei suoi allievi impertinenti. E poi a buttar giù studi su studi, per me e per il sito. Mah! direi, soprattutto per il sito, che le case editrici e riviste non ti pubblicano se non sei nessuno, giustamente, solo che per essere pubblicato, e allora? La risposta è ovvia e quindi senza zampate in culo devo scapicollarmi il doppio, il triplo, e devo lavorare per mantenermi nel frattempo, per mantenere la mia famiglia.
La mia famiglia: ma cosa mi frega di tutte queste cose? Perché lotto con arrivisti e opportunisti quando sono felice semplicemente guardando negli occhi mia moglie? Sono un amante dell’arte e me lo tengo per me. Non promuoverò lotte sociali e parteciperò a quelle degli altri. Faccio la differenziata, ho la macchina a gas, non guardo programmi televisivi stupidi se non altro per non aumentarne la popolarità: faccio insomma la mia piccola parte nel mondo e mi accontento delle mie cose, non delle piccole cose, ma delle mie. Riaccendo la radio, va.

E invece voglio scrivere, suonare e scrivere, questo so fare e perché altri incompetenti devono essere al mio posto?! Bastardi truffatori che traviano il cervello, non sanno l’italiano e continuano a fare canzoni sputtanate e ruffiane. Allora: devo industriarmi per trovare luoghi d’incontro in cui promuovere il libro. Anzi: venderlo e basta, che se aspetto la casa editrice. Chissà poi se hanno stampato tutte le copie per cui abbiamo pagato io e il mio socio, oppure chissà se hanno venduto solo le copie che ci dicono. Dovremmo fare una bella sorpresa a Bologna e dire: «Salve, siamo noi. Sappiamo che queste sono le copie vendute, possiamo vedere dove sono le altre? fisicamente!» Continuare a scrivere: quanti progetti; ce li ho tutti segnati, s’intende, ma sono file nel computer o scarabocchi su un foglio che forse non vedranno mai una crescita. Ah, la prima cosa è scrivere un programma televisivo ispirato al gruppo di critici del nostro sito. E sì! Non si sa mai. Lo propongo alla Rai, sì. Voglio pensare in grande: e che cazzo! sempre a volare basso. Lo presento io, e parleremo di arte come non ha mai parlato nessuno in televesione; forse solo Arbasino. Nuovi autori e vecchie stelle, di cinema, di teatro, musica, letteratura e pittura. Forse dovrei prima dedicarmi a quel progetto di libro di poesie...no no, e la poesia non si vende, figuriamoci se si pubblica. No, prioritario è il romanzo a quattro mani con il mio socio. Domani devo passare all’assicurazione. Non devo certo abbandonare quel libro satirico di critica. Ma devo studiare tanto per realizzarlo, come faccio? Venerdì prossimo suono anche e ho i polpastrelli privi di calli ormai. Vorrei cantare più di una canzone: in settimana sicuro avrò il tempo di studiare quella di De André, ma da solo non posso suonarla, credo che dovremmo fare un’altra prova. Se solo cambiassi lavoro: ho quel progetto dei prodotti tipici in mente, ma ci vuole un anno per farlo; poi forse avrei più tempo per dedicarmi a tutto il resto, sì, decisamente più tempo. Ma se avessi passato quel concorso: almeno farei un lavoro attinente ai miei interessi. E soprattutto ai miei studi! Una laurea specialistica e non ci faccio un cazzo, ce l’ho appesa a guardarla solo per farmi girare...
Ecco sono arrivato. Ci sono già gli altri. È meglio che cominciamo a scaricare, vorrei tornare a casa per pranzo e passare finalmente un po’ di tempo con la mia famiglia. Per fortuna che il primo quintale di roba sollevata brucierà tutti questi bei propositi.