domenica 2 gennaio 2011

Scrivo un racconto all'anno; augurandovi buon 2011, ecco quello del 2010

LUN 1 SET 8:00 A. M.

Ho sempre l’impressione di arrabbiarmi troppo tardi, o per un motivo meno importante. Lo stesso tonfo di tristezza che ho quando mi rado, quando ormai la barba è troppo lunga solo per il rasoio. Spengo anche la radio, tanto il frastuono di questo furgone non permette carezzevoli sottofondi. Con furia mi muovo se mi salta in mente di fare i lavori di casa, tanto che non riesco ad accorgermi di come non finiranno mai.
Ora basta piangere comunque: ho tante cose da fare, progetti a cui pensare e progetti da proseguire; una bella ora di strada da solo è quello che mi ci vuole per organizzare le idee. Che poi son sempre lì, a crescere pian piano, giorno per giorno, intuizione per intuizione. Mi manca lo sviluppo, il tempo probabilmente per svilupparle manca. Ma finirà, forse, questo periodo di lavoro intenso, e mi potrò rimettere a studiare... e già, a studiare! Non dico quattro ore al giorno, ma quel poco, quella mezz’ora ogni giorno. No, mezz’ora è poco. Vabbé, comunque una quantità giusta ogni giorno, senza strafare. Mi accorgo che i libri mi pesano sempre di più, e non li divoro con la foga adolescenziale che avevo fino a qualche tempo fa: pesa ogni parola come un macigno, ogni lettera stampata come una vogata in mezzo a un mare infinito. Guarda quel cretino che sorpassa a destra! Ma poi studiare che cosa? Avrei tante di quelle materie da affrontare e poi: sono ignorante, sono troppo ignorante, e anziché riparare, ogni giorno scordo qualcosa, ogni casello di questa dannata autostrada è il nome di uno scrittore che se ne va, ogni striscia tratteggiata che consuma le ruote è una nota di una canzone che riconoscevo a memoria. E quando imparare le vite di quegli artisti? Le dovrei mischiare tra di loro, intrecciare, avere un quadro della situazione culturale di quel periodo, e parlarne con la dimistichezza di un esperto a un convegno, di un professore universitario che non ha timore delle domande dei suoi allievi impertinenti. E poi a buttar giù studi su studi, per me e per il sito. Mah! direi, soprattutto per il sito, che le case editrici e riviste non ti pubblicano se non sei nessuno, giustamente, solo che per essere pubblicato, e allora? La risposta è ovvia e quindi senza zampate in culo devo scapicollarmi il doppio, il triplo, e devo lavorare per mantenermi nel frattempo, per mantenere la mia famiglia.
La mia famiglia: ma cosa mi frega di tutte queste cose? Perché lotto con arrivisti e opportunisti quando sono felice semplicemente guardando negli occhi mia moglie? Sono un amante dell’arte e me lo tengo per me. Non promuoverò lotte sociali e parteciperò a quelle degli altri. Faccio la differenziata, ho la macchina a gas, non guardo programmi televisivi stupidi se non altro per non aumentarne la popolarità: faccio insomma la mia piccola parte nel mondo e mi accontento delle mie cose, non delle piccole cose, ma delle mie. Riaccendo la radio, va.

E invece voglio scrivere, suonare e scrivere, questo so fare e perché altri incompetenti devono essere al mio posto?! Bastardi truffatori che traviano il cervello, non sanno l’italiano e continuano a fare canzoni sputtanate e ruffiane. Allora: devo industriarmi per trovare luoghi d’incontro in cui promuovere il libro. Anzi: venderlo e basta, che se aspetto la casa editrice. Chissà poi se hanno stampato tutte le copie per cui abbiamo pagato io e il mio socio, oppure chissà se hanno venduto solo le copie che ci dicono. Dovremmo fare una bella sorpresa a Bologna e dire: «Salve, siamo noi. Sappiamo che queste sono le copie vendute, possiamo vedere dove sono le altre? fisicamente!» Continuare a scrivere: quanti progetti; ce li ho tutti segnati, s’intende, ma sono file nel computer o scarabocchi su un foglio che forse non vedranno mai una crescita. Ah, la prima cosa è scrivere un programma televisivo ispirato al gruppo di critici del nostro sito. E sì! Non si sa mai. Lo propongo alla Rai, sì. Voglio pensare in grande: e che cazzo! sempre a volare basso. Lo presento io, e parleremo di arte come non ha mai parlato nessuno in televesione; forse solo Arbasino. Nuovi autori e vecchie stelle, di cinema, di teatro, musica, letteratura e pittura. Forse dovrei prima dedicarmi a quel progetto di libro di poesie...no no, e la poesia non si vende, figuriamoci se si pubblica. No, prioritario è il romanzo a quattro mani con il mio socio. Domani devo passare all’assicurazione. Non devo certo abbandonare quel libro satirico di critica. Ma devo studiare tanto per realizzarlo, come faccio? Venerdì prossimo suono anche e ho i polpastrelli privi di calli ormai. Vorrei cantare più di una canzone: in settimana sicuro avrò il tempo di studiare quella di De André, ma da solo non posso suonarla, credo che dovremmo fare un’altra prova. Se solo cambiassi lavoro: ho quel progetto dei prodotti tipici in mente, ma ci vuole un anno per farlo; poi forse avrei più tempo per dedicarmi a tutto il resto, sì, decisamente più tempo. Ma se avessi passato quel concorso: almeno farei un lavoro attinente ai miei interessi. E soprattutto ai miei studi! Una laurea specialistica e non ci faccio un cazzo, ce l’ho appesa a guardarla solo per farmi girare...
Ecco sono arrivato. Ci sono già gli altri. È meglio che cominciamo a scaricare, vorrei tornare a casa per pranzo e passare finalmente un po’ di tempo con la mia famiglia. Per fortuna che il primo quintale di roba sollevata brucierà tutti questi bei propositi.

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