domenica 20 novembre 2011

I 100 MIGLIORI ALBUM DEL NUOVO MILLENNIO - n. 3: STUDENTESSI, Elio E Le Storie Tese

I 100 MIGLIORI ALBUM DEL NUOVO MILLENNIO - n. 3
STUDENTESSI, Elio E Le Storie Tese
Basterebbe enunciare i quattro sensi di Gargaroz. Il letterale: la storia del bambino compiaciuto dalla paura che sente in un inglesizzato gargarozzo, poi dispiaciuto di aver perso la facoltà dello spavento per l’operazione alle tonsille, quindi per essere cresciuto; il protagonista scopre poi che le sue tonsille alimentano un traffico di organi. Allegorico: la metafora che si nasconde dietro la storia è quella della crescita, per cui le cose ci fanno meno paura, forse anche perché ne capiamo la fattura, o l’imbecillità. Morale...musicale: la storia raccontata è influenzata da un ritornello incombente che deve tornare sempre nello stesso punto; ciò provoca la fretta della terza strofa che deve tornare a quel punto culminante, influenzando tutto il resto della vicenda: Anagogico: la canzone si inserisce in una grande tematica di questi anni in cui rientra ad esempio anche il romanzo di Umberto Eco Il cimitero di Praga, cioè la dietrologia imperante in ogni angolo dello scibile umano, la faccia oscura di internet, che può dare voce ai complotti più assurdi dimostrati con prove che la stessa fonte magicamente fornisce, trascinando l’individuo in un turbine di cazzate che lo distoglie dai veri problemi della vita e lo farcisce di paranoie inutili. Per rafforzare quest’ultimo senso i geniali Elio E Le Store Tese hanno aperto un sito, www.tonsilletolte.com , dove immettendo alcuni parametri, si possono ritrovare le proprie tonsille tolte.
Cos’altro serve per rendere grande un album? Ho avuto l’onore di redigere la motivazione di un premio per EELST, il Premio Lunezia Progressive 2008 per Studentessi:
L’album Studentessi di Elio e le storie tese rappresenta un classico esempio di come la struttura organizzativa di un’opera musicale influisca sui singoli brani, che, già compiuti nel loro microtesto, danno e ricevono senso dal macrotesto: per il Premio Lunezia questo progetto d’insieme, unito all’uso particolare della semantica delle parole e della connotazione musicale, fanno dell’album un chiaro esempio di come l’arte Musical-Letteraria possa essere applicata per un genere come il progressive.
“Concept album” quindi, non fosse che per il carattere tipicamente parodico che ne sgretola le principali concezioni a livello strutturale; parodia non esclusivamente ironica, ma anche pastiche che riutilizza le forme a più livelli: insomma un album postmoderno.
Entrambe le forme della parodia si riscontrano sia nelle due lunghe sessioni dell’album, sia nelle sessioni brevi di stampo progressive che si concludono in una traccia. Effetto memoria, costituita da quattro parti disseminate nell’album, attua la parodia postmoderna, che si rivela nella seconda parte, la quale denuncia, prima che lo faccia l’ascoltatore, una dimenticanza della prima parte, da cui sono passate già varie canzoni: «ti ricordi cosa ho detto / nella strofa precedente?» Suicidio a sorpresa è invece costruita per un intento più comico, con le sue cinque parti poste una dopo l’altra, che raccontano di gruppi death e black metal, e dei loro «innocui» messaggi subliminali.
Se ci deve essere corrispondenza tra musica e parole, ecco che Elio e le storie tese rappresentano coloro che più di chiunque altro riescono a far stridere in maniera sfolgorante i due elementi, e da questo stridore sprigionano una verve comica, che dietro di sé possiede l’essenza della loro arte. Ciò avviene nelle due lunghe sessioni citate, ma anche nella canzone che apre l’album, Plafone: la rocambolesca melodia cantata da Antonella Ruggiero ed Elio contrasta con il discorso eccessivamente banale, che tratta docce mal funzionanti e macchie sul plafone. Mentre il vero capolavoro sul gioco della struttura parodiata è Gargaroz. Oltre al discorso medico-sociale sulle tonsille, questo brano mostra come la costrizione del ritornello, che dopo ogni strofa torna inesorabilmente a martellare l’ascoltatore (e l’insensatezza di ciò è l’insensatezza della parola “gargarozzo” inglesizzata “gargaroz”), limiti la libertà artistica. La costrizione porta il testo della terza strofa a tagliare corto con il discorso su Belfagor, poiché tra un po’ arriverà quella parola, e senza un reale motivo il testo dovrà cambiare: «comunque quell’anno mi han tolto le tonsille dal / gargaroz». Arrivati a questo argomento, trovato a caso nella fretta di raccordarsi al ritornello, non si può far altro che parlarne, continuare a parlarne per versi e versi, approfondendo il discorso, e cercando anche di spostarsi su un piano di seriosità.
La famosa Parco Sempione testimonia, infine, come questi autori, che sembrano, agli occhi di un pubblico e una critica non attenti, chiusi nel loro mondo parodico, siano sempre impegnati nel sociale: «Se ne sono fottuti il cazzo/ ora tirano su il palazzo/ han distrutto il bosco di gioia/ questi grandissimi figli di troia», non risparmiano la loro giusta cattiveria da satiri della più autentica scuola di Giovenale, verso i costruttori senza scrupoli di una Milano invivibile.

E per chi volesse ancora approfondire c’è anche un mio articolo sul sito di Ipercritica:
http://www.ipercritica.com/2009/10/parodia-e-stridore-tra-forma-e-contenuto/

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