giovedì 23 settembre 2010

Gethsemane

Il Getsemani, lo sanno tutti, è l’uliveto nel quale Gesù fu arrestato dopo l’ultima cena. E questo lo dicono i Vangeli. Oggi, a Gerusalemme, c’è effettivamente un bellissimo giardino chiamato Getsemani, ma è di molto successivo, della metà del diciannovesimo secolo. Se effettivamente esistesse questo piccolo Orto degli Ulivi nel 27 d.C., credo non sia facile dirlo con esattezza. Fatta questa piccola precisazione storica, e precisando anche che non è mia intenzione offendere la sensibilità di nessuno (può una canzoncina offendere qualcuno?), devo ora essere sincero: non sono un critico, men che meno un critico musicale. Le attività che riempiono il mio tempo vitale, sino ad oggi, sono essenzialmente due: scrivere e guardare film. Ciò non fa di me un uomo colto o un professore. Questo dato suggerisce solo che ne ho viste e lette un po’. Significa inoltre che mi piace farlo.
Gethsemane (I only want to say) è un pezzo contenuto nel film di Norman Jewison Jesus Christ Superstar e interpretato da Ted Neeley. Prima della trasposizione in pellicola, JCS fu distribuito come doppio long playing (1970), in cui la parte di Gesù era affidata a Ian Gillian, cantante dei Deep Purple. Poi passò attraverso Broadway (1971) come musical, per finire, nel 1973, finalmente sul grande schermo.
L’opera tratta la vicenda in modo assolutamente non-convenzionale: la figura di Giuda perde parte della sua connotazione negativa e diventa la mente, la Ragione. Gesù è invece molto più umano di quanto la tradizione cristiana non riporti (è l’unico film della storia a non presentare alcun tipo di miracolo; anzi, nella parte finale di The Temple, Gesù griderà ai lebbrosi che lo sommergono chiedendogli di curarli di lasciarlo stare – nell’originale teatrale la frase era curatevi da soli).
Essa deve qualcosa ai cosiddetti Vangeli Apocrifi (gli scritti riguardanti Gesù che furono esclusi nel 325 d.C. dal Primo Concilio di Nicea, il quale, oltre a determinare che gli unici Vangeli Canonici erano quelli di Giovanni, Matteo, Luca e Marco, dichiarò la nascita virginale di Gesù e l’eresia di Ario, il monaco egiziano che contrastava il concetto di consustanzialità di Gesù con Dio. Proprio alla corrente teologica di Ario sembra ispirato JCS) e ci restituisce una visione molto più umana e umanistica di Gesù.
A questo link è possibile vedere l’estratto di JCS di cui mi piacerebbe parlare:
http://www.youtube.com/watch?v=A99gvKl05cU
Gesù è nell’Orto degli Ulivi, subito dopo l’Ultima Cena e poco prima dell’Arresto, e i suoi discepoli si sono addormentati.
Nessuno resterà sveglio con me? Pietro? Giovanni? Giacomo?
Nessuno di voi aspetterà con me? Pietro? Giovanni? Giacomo?

Gesù è solo. Coerentemente, il pezzo si apre con la parola io.

I only want to say
If there is a way
Take this cup away from me
For I don't want to taste its poison
Feel it burn me,
I have changed I'm not as sure
As when we started

Vorrei solo dire, se c’è un modo... Gesù chiede timidamente a Dio di evitargli l’amaro calice, perché non vuole assaggiarne il veleno che lo brucia. La scelta registica della desolazione della montagna e dei sassi è secondo me azzeccata; Gesù non solo si rivolge a Dio chiedendogli di evitargli un dolore che Lui stesso ha deciso (Gesù deve “scalare la montagna” per riuscire a parlare e rivolgersi all’Altissimo): nessuno può assistere ad una “preghiera” (parlare al sacro). È il massimo dell’intimità. Ma Gesù è cambiato: non è più così sicuro come quando abbiamo iniziato. Ricordatevi questo abbiamo iniziato.

Then I was inspired
Now I'm sad and tired
Listen surely I've exceeded
Expectations
Tried for three years
Seems like thirty
Could you ask as much
From any other man?

Il tono di Gesù cambia: Ascolta, di sicuro ho superato ogni aspettativa. Neeley alza il tono in una mimesi molto efficace: vuole far notare che ci ha provato, davvero, per tre anni (talmente intensi che sembrano trenta) e che il Signore non poteva chiedere a nessun altro uomo così tanto. Neeley mostra ottime capacità vocali, ma è anche una buona prova d’attore. Il film ci mostra quest’uomo che sta effettivamente parlando con qualcuno, senza farci vedere con “chi” stia parlando.

But if I die
See the saga through
And do the things you ask of me
Let them hate me, hit me, hurt me
Nail me to their tree
I'd want to know my God
I'd want to see my God
Why I should die
Would I be more noticed
Than I ever was before?
Would the things I've said and done
Matter any more?

Ma se io muoio. L’inglese permette una sillabazione perfetta in una delle frasi centrali della canzone, sottolineata dal primo sguardo diretto in camera di Neeley/Gesù (la macchina da presa in questo estratto funge da sguardo di Dio, e Gesù lo fissa direttamente negli occhi quando dice per la prima volta cosa è destinato a patire). Se faccio le cose che mi chiedi, se lascio che mi odino, che mi colpiscano, che mi feriscano e m’inchiodino al loro legno… Da notare la musicalità cadenzata di quei hate me - hit me - hurt me, ma soprattutto notate come Neeley gratta quel secondo I’d want to see (vorrei capire) prima di porre la domanda fondamentale: perché dovrei morire? ancora una volta con una sillabazione che permette ad ogni parola di essere un suono, quasi un concetto a sé stante. Sarei più noto di quanto non lo sia stato prima? Le cose che ho detto e fatto avrebbero maggior valore? Nell’immagine Gesù è mostrato tra due rocce, quasi intrappolato (quanto strizza l’occhio al western, questo take!), o meglio sprofondato in una sorta di imbuto (secondo il Credo degli Apostoli, dopo la sua morte Gesù discese nell’Inferno – potrebbe esserci un disguido di traduzione tra Ade [Regno dei Morti] e Inferno – e nell’immaginario collettivo, grazie anche e soprattutto a Dante Alighieri, l’Inferno altro non è che un imbuto con al suo vertice basso Lucifero[1]). Ma proprio da quest’abisso verrà fuori la parte più realmente umana di Gesù.

I'd have to know my Lord
I'd have to see my Lord
If I die what will be my reward?
I'd have to know my Lord
Why, why should I die?
Oh, why should I die?
Can you show me now
That I would not be killed in vain?
Show me just a little
Of your omnipresent brain
Show me there's a reason
For your wanting me to die
You're far too keen on where and how
But not so hot on why
Alright I'll die!
Just watch me die!
See how, see how I die!
Oh, just watch me die!

Gesù ricomincia a scalare la roccia, la voce di Neeley tira fuori quanto di più hard rock è in grado di creare, e l’Uomo si fa avanti: Se muoio, quale sarà la mia ricompensa? L’Uomo arriva alla fine della sua estenuante salita, sulla cima della montagna, e finalmente al punto Dovrei sapere, mio Signore, dovrei capire, perché? È l’acuto dell’uomo perso, è il grido della disperazione di fronte alla morte, o alla mancanza di senso, o al dolore. Dopo aver avanzato “scuse”, l’Uomo nudo di fronte alla realtà capisce di non capire, sa di non sapere. E cerca di rivolgersi a chi è più grande di lui, con violenza, così come violento è il senso di spaesamento di fronte all’inevitabile. Sono convinto che in questo acuto sia espresso formalmente ed esteticamente il motivo stesso della fede o della non-fede, atei e credenti racchiusi in un unico suono stridente, in quanto dietro la risposta che ognuno di noi da a questa infantile e terribile domanda, c’è la scelta spirituale di essere o no fedeli, e di questa “dialetticizzazione”, dell’averci dato una “parola” che parola non è per esprimere un concetto tanto umano, dobbiamo ringraziare Neeley ed il Rock (Gillian è bravo, certo, ma a mio parere non arriva neanche lontanamente alla drammaticità della voce di Neeley, in questo preciso passaggio). Perché, perché dovrei morire? / Oh, perché dovrei morire? Puoi mostrarmi ora / che non verrei ucciso invano? Mostrami solo un po’ / della tua mente onnipresente / Mostrami che c’è una ragione / per cui tu vuoi che io muoia / Sei fin troppo preciso sul dove e sul come / ma non altrettanto sul perché.
Questa è anche la parte in cui si evidenziano meglio le qualità d’attore, e ci sono, del cantante. Il viso è livido, le mosse studiate e tragiche, fino ad un’accettazione che, in prima istanza, sembra quasi il minuscolo dispetto di un Figlio di fronte ad un Padre troppo grande e severo:
Va bene, morirò!, dice Gesù inginocchiandosi, materialmente, al volere del Padre.
Guardami morire! Guarda come muoio! Sta’ solo a guardami morire!

Seguono immagini di riproduzioni artistiche della crocifissione. Qui Jewison sembra volerci suggerire che, all’apice della sua preghiera/discorso con Dio, a Gesù venga ribadito che deve morire, null’altro. Ci si potrebbe anche leggere un messaggio da buona novella, da esempio per le genti future di tutto il mondo, ma credo che si commetterebbe l’errore di interpretare in chiave religiosa, cosa che fino a questo momento il film non ha suggerito. Fatto è che, subito dopo questa parte che non è esagerato definire epica e psichedelica (in fin dei conti, è pur sempre un’opera rock!), Gesù accetta la sua sorte.

Then I was inspired
Now I'm sad and tired
After all I've tried for three years
Seems like ninety
Why then am I scared
To finish what I started
What you started
I didn't start it
God thy will is hard
But you hold every card
I will drink your cup of poison
Nail me to your cross and break me
Bleed me, beat me
Kill me, take me now
Before I change my mind

Neeley/Gesù ripete di aver perso l’ispirazione, e di essere solo triste e stanco. Ha gli occhi bassi, chiede un aiuto che non arriverà a suo Padre. I tre anni che sembravano trenta, ora sembrano novanta. Si chiede perché è così spaventato di portate a termine ciò che ho iniziato? Ciò che tu hai iniziato, non io. Gesù non si sente più compartecipe di un progetto comune, ma vittima sacrificale di un’idea incomprensibile. L’iniziale abbiamo iniziato si trasforma in non io l’ho iniziato (si noti la rima started/started/start it), ma Gesù si rialza da terra seguito dalla steadycam, conferma che la Tua volontà è dura, ma sei tu che tieni le carte, comandi il gioco. La canzone si avvia alla conclusione con tono epico, nella migliore interpretazione di Neeley: Gesù berrà l’amaro calice.
Inchiodami alla tua croce e spezzami
Fammi sanguinare, colpiscimi
Uccidimi, prendimi adesso
Prima che cambi idea

Se l’ultima inquadratura può suggerire una ritrovata armonia con il creato ed il Creatore, l’ultima frase ed in particolare il lungo vibrato sull’ultimissima parola insinuano invece il dubbio che Il Dubbio stesso non sia del tutto risolto; in effetti, sulla croce in The Crucifixion tornerà il famoso Elì Elì lema sabachthani (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?) che è l’unico momento nei Vangeli in cui Gesù sembra veramente Uomo (in misura minore, anche l’episodio del mercato nel Tempio, di cui vi consiglio caldamente la visione in JCS - Get out!).

Tutto questo post d’opinabile lunghezza avrà senso se sarò riuscito a farvi gustare Gethsemane (I only want to say) almeno la metà di quanto piace a me. In caso contrario, chiedo scusa dei minuti che vi ho rubato e vi invito ad ascoltare altro; tipo, chessoìo, i Tokyo Hotel. Ne ho sentito un gran bene.
Alla prossima.
[1] Tradizione vuole che, quando Dio scacciò Lucifero dal Paradiso, la Terra, schifata, si ritrasse creando così l’”imbuto” dell’Inferno

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