martedì 9 novembre 2010

Il Fabuloso – Senza titulo #4


«Ha i polmoni grossi», dicevano. In un calcio in cui tutto è tecnica, velocità, potenza e intuito, io sono il granellino di sabbia nell’ingranaggio perfettamente oliato dell’offensiva avversaria.
«Ha i polmoni grossi», pensavano. Non calcolavano mica che un argentino sa anche difendere. Non sono mai stato povero, ma ho vissuto tra i poveri. Giocavamo con il mio pallone, sulla spiaggia; ero l’unico che ce l’aveva. Gli altri piroettavano, dribblavano, flic-flac a gogo, biciclette e rovesciate. Ma io arrivavo prima sul colpo di testa, io intervenivo in scivolata, io anticipavo e facevo ripartire.
«Ha i polmoni grossi». Ma ero anche l’unico con le scarpe. E non è cosa da poco. I fenomeni avevano paura di me; col tempo, in Europa, ho imparato a farne un’arma, di questa cosa. Anche oggi i fenomeni hanno paura di me, pure quando indossano le loro scarpette firmate. Ho fatto pubblicità, televisione, ho sei macchine di lusso, la barca, due amanti e tre ville (una è per la moglie). Ma in campo esiste solo una cosa: l’avversario.
«Ha i polmoni grossi», e posso respirare a lungo. Più a lungo di loro. Escono stremati, logori nel fisico e nella testa. Riportano a casa ematomi alle caviglie e brucianti ferite nell’animo. Non sono cattivo, ma «ho i polmoni grossi» e su quel pallone, caro mio, arrivo prima io. Se ti metti di mezzo, ti travolgo. Tu da lì non passi. Non è mai passato nessuno. Capisco che sei il nuovo che avanza; comprendo benissimo ciò che ti passa per la mente: credi di essere il gallo più bello del pollaio. Ma non me ne frega niente; non lo sarai oggi. Non con me. Sono tra i pochissimi al mondo a meritare il Pallone d’Oro e il titolo di Favoloso. Eppure, il giorno dopo la premiazione, ero in campo, a correre, a tenere i polmoni grossi, più grossi dei tuoi. Devi farne di strada, bimbo.

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